29 gennaio 2008

26 gennaio 2008

ECCO PERCHE'.

Ci siamo arrivati.
Un'altra crisi di governo, un'altra batosta, un'altra dimostrazione di menefreghismo per il proprio Paese, l'ennesima prova di egoismo bastardo.
Sono amareggiata, delusa, schifata, arrabbiata, amareggiata, incazzata.
Stiamo correndo il grosso richio di tornare, a breve, ad essere la Repubblica delle banane. Ma almeno le banane fanno bene alla salute...
Se così succederà (speriamo di no, che Dio ci aiuti) ci aspettano tempi duri, tempi da mal di fegato e nausee quotidiane.

Mi sembra evidente cosa sia bianco e cosa nero, cosa trasparente e cosa no, in tutta questa faccenda.
Non tornaro i conti.
C'è qualcosa di più grande dietro quanto dato dal ministro come motivazione alla sfiducia al senato.
C'è dell'altro e di notevole peso, che va ben oltre la famiglia e la difesa ad oltranza della poltrona attaccata alle chiappe. Anche perchè, è evidente, se il ministro avesse voluto rimanere tale, si sarebbe dimesso il tempo delle indagini, dell'eventuale dichiarazione d'innocenza e basta, non avrebbe voltato le spalle a chi gli aveva dato la poltrona: avrebbe atteso con trepidazione di ri-posare le suddettte chiappe sulla suddetta poltrona.
Perchè, diciamocelo, lui di poltrone se ne intende.

E' chiaro: il ministro ha preferito altro. Altri poteri. Molto più forti di una poltrona e della preferenza data dai cittadini dentro una cabina elettorale.
Ha preferito se stesso e il suo futuro potere a cui assisteremo, aspettiamocelo, nascondendolo dietro un discorsino moralista di chi difende la famiglia e dice di scegliere in base ai suoi principi cristiani.

Complimenti. Bell'esempio. Bravo.

Mi fà schifo, come persona e come cristiano. Soprattutto come cristiano.
Mi andrò a confessare per quante gliene ho dette in questi giorni, pazienza, idee politiche divergenti, idee morali opposte.
Una cosa mi consola, ed è una cosa non da poco: anche per lui, come anche per me e per tutti, prima o poi verrà il giudizio divino, dinanzi al quale poltrone o potere potranno poco.

E allora sì che giustizia sarà fatta.

23 gennaio 2008

PERCHE'.

Da qui a un paio di giorni mi sento male. Sospesa. Incerta. Non so cosa verrà dopo. Nessuno lo sa.
Qualcuno sì: ci ha già pensato e ha preparato tutto, meditato da tempo; qualcuno sospetta, prevede: la storia si ripeterà, perchè è sempre stato così; qualcuno spera: forse non sarà proprio tutto negativo, tutto uno schifo come in passato, forse risaliremo la china senza annegare, ritrovarci sommersi dall'oblio.
Io non riesco a pensare.
Sospendo l'attività cerebrale; se penso mi logoro. Mi imbestio.
Aspetto, anche perchè altro non posso fare.
Solo mi domando PERCHE'.

18 gennaio 2008

MAMMUTH LAKES-SAN FRANCISCO

Partiamo da Mammuth Lakes, la nostra meta di oggi è Sacramento, con proseguimento per San Francisco.
Abbiamo avuto la conferma che non potremo passare dal Tyoga Pass, per cui, niente Yosemite Park e niente Sequoie.
Non siamo esaltati all'idea, proprio per niente, ma ci rassegniamo e iniziamo il lungo (letteralmente) tragitto verso la capitale della California.
Siamo stanchi, più di altre volte ci appisoliamo in molti. Accusiamo la sconfinata estensione delle distanze, questa volta. Ci sembra di non arrivare mai. Poi, finalmente, facciamo irruzione nella capitale.
Il caldo è devastante, se paragonato al freddo di questa mattina dei 3000 di Mammouth.
La guida ci scioglie le briglie e ci dà appuntamento a una certa ora per il museo ferroviario.
Abbiamo tempo per quattro passi prima di cercare un posto dove mangiare.
Sacramento è carina, la parte dove siamo noi è un po' retrò, con portici in legno e pavimento di assi; sembra, ancora un volta, una scenografia da film.
Siamo verso metà ottobre e ci sono già in giro gli addobbi per Halloween: scheletri, zucche, ragni, pipistrelli...
Tanta gente in giro, tanti harleysti, esibizionisti e originali, fanno la spola nelle strade per mostrarsi al mondo in groppa ai loro gioielli...
La stazione, vicino al quale mangiamo l'ennesimo hamburger and chips, sembra quella di C'era una volta il west, con tanto di capi stazione abbigliati all'antica.

Finita la calda attesa all'ombra di una pensilina sul fiume, visitiamo il museo ferroviario.
Vediamo alcune delle più grande e famose locomotive a vapore, che hanno fatto la storia degli Stati Uniti nei tempi che furono. Possiamo visitarne alcune, con delle ricostruzioni di arredamento originali…siamo sbalzati indietro di qualche decade: ciò che vediamo stride sonoramente con le macchine fotografiche digitali che abbiamo in mano, con le telecamere al collo…Che effetto strano!!!

Usciti dal museo, torniamo al nostro bolide su sei ruote e partiamo per San Francisco.
It’s a long, long, long road, direbbero i REM… ma quando arriviamo, da nord, in vista della baia, nonostante la foschia che tocca terra, ci svegliamo dallo stordimento delle tante ore seduti. Percorriamo un ponte, che tutti erroneamente crediamo essere il famoso Golden Gate, ma non possiamo ancora godere dello skyline della città a causa della nebbia.
Arrivando in hotel, lungo una strada lungo la quale passano i cable car, ci accorgiamo subito di essere davanti ad una città che ha molto poco di americano rispetto alle metropoli che si è abituati a immaginare. Sembra una città europea, quasi italiana… Ci piace!

Per cena siamo al molo 39, al Bubba Gump Restaurant: gamberi fritti e insalata, tra un migliaio di persone e le immagini del film Forrest Gump sui tanti televisori al plasma appesi alle pareti.
Tornando, passeggiamo sul pontile e respiriamo aria di mare.
In poco tempo siamo in camera, con come sottofondo la campana della cable car di turno che passa nella via adiacente…
Domani giornata piena, come di consueto…

12 gennaio 2008

UNDER THE RAIN

C'è chi canta Under the bridge, io mi limito a postare under the rain.
Ma a me piace. L'acqua che scende. Esiste e avrà un suo buon motivo per esserci, un fine, una missione, un senso.
Ben poche cose sono insensate, di quelle al mondo. Le zanzare, per esempio. Quelle sì che sono una spina nel fianco...o altrove, ovunque la zanzara bastarda di turno ti abbia punto.
Ma per tanta gente la pioggia è una rottura al punto da far iniziare la giornata storta. E se a questa gente dà così sui nervi, in un certo senso rompe anche te, perchè ti fa incotrarre gente incazzata per l'acqua che ha preso; fa imbestialire i centauri che o si inzuppano o devono andare a piedi o, peggio, in macchina; crea il panico totale in città come Roma, che non si sa perchè ha abitanti che quando piove vanno in tilt, e non diciamo che è perchè vanno tutti in macchina per non bagnarsi i piedini: non sanno guidare e basta. Cioè, guidano da cani normalmente, figuriamoci quando hanno da star dietro a tergicristalli e lunotto termico.

E invece a me la pioggia piace. Con tutto il popò di roba che si porta dietro. Sono sempre stata quella a cui piace quando piove, sempre, anche al liceo. Lo so, è così. E non posso farci niente.
Mi bagna? Mi asciugerò. C'è caos, va beh, ma prima o poi a casa ci tornerò. Son tutti delle iene perchè piove? Fortunati loro, se posso permettersi il lusso di imebstialirsi per un po' d'acqua, vuol dire che non hanno altri problemi...
E' acqua ragazzi, non mine. Gocce d'acqua, non proiettili o lava di un vulcano.
E poi vuoi mettere. Lei, la pioggia, vien giù e chi s'è visto s'è visto. Non è che sta lì a guardare se piovere su questi o su quelli. Scende. Che tu lo voglia o no, che tu sia bravo o no. Non fa distinzioni. Tu puoi solo cercare di ripararti con l'ombrello o camminando rasente al muro tipo i gatti, ma tanto le viene giù. Basta.
Pensandoci, la si dovrebbe prendere un po' più da esempio per molte cose nostre umane, la pioggia. Chissà che non ci si chiarirebbero tante idee...

06 gennaio 2008

LA FORZA DELLE IDEE


Stiamo lavorando per noi.
Lanciata la proposta della settimana bianca, con tanto di scuola di sci per marito e cognata, stiamo lavorandoci su. Una volta tanto per noi.
L'embrione di idea è nato, ora basta dare seguito ai propositi. E al diavolo il lavoro e quello che possono dire i colleghi. Una volta penso a me e alla mia famiglia. Cacchio. La patria sarà salva anche senza i miei passi in ufficio, per una settimana a metà febbraio.

E poi, e non è poco, c'ho da battezzare gli sci, che da un anno e mezzo sono lì, in piedi, dietro la porta, sulla rastrelliera di casa, assieme agli altri 3...
E' ora di far fare le fiamme alle lamine, di sciogliere la neve sotto la sciolina, di avere la faccia dura per il freddo e il giornaliero appeso alla lampo della giacca che sbandiera per la velocità.
E' ora di tutto questo.

E al diavolo il resto.

02 gennaio 2008

LAS VEGAS-MAMMUTH LAKES

Partiamo di buon mattino dalla città più folle del pianeta, con una temperatura fresca e piacevole, diversa da quella calda e secca dei giorni precedenti.
La strada tra Las Vegas e Mammuth Lakes è lunga e si dipana tra altipiani e rettilinei infiniti, salite e tornanti...ma dobbiamo pur arrivare a 3000 metri in qualche modo!
La guida inizia a farci abituare alla possibilità sempre più concreta di dover rinunciare al Tyoga Pass, a causa, dice, di strada ghiacciata, e dover ripiegare su Sacramento, la capitale della California.
Non siamo contenti. A nessuno interessa la città di Schwarzy; preferiremmo di gran lunga vedere il Sequoia Park e altra bellissima natura là intorno.
Capiamo presto che dovremo rassegnarci all’idea e rinunciare all’ultimo parco naturale previsto dal programma.

Costeggiamo la Sierra Nevada e dopo un pranzo in una cittadina sperduta, in mezzo al niente (letteralmente), che non capiamo come Burger King abbia scelto come sede di un suo fast food, arriviamo a Mammouth.

Qui la natura montanara è la padrona, anche se è incredibile: da noi, a tremila metri, non c'è tutta questa vegetazione ma solo roccia. Qui i pini e gli abeti vivono e crescono lussureggianti, incontaminati e liberi. Tanti alberi sono abbattuti da fulmini. Incrociamo qualche cervo, qualche capriolo.
La gente ha visi da montagna. Nei negozi in cui entriamo ci sono solo ragazzi giovani, sportivi, scattanti, amanti della neve e della natura. Si vede e si capisce da come si pongono, da come si vestono, da quello che vendono…
Quando arriviamo all’albergo, la guida ci invita a fare attenzione: potremmo incontrare qualche orso nei paraggi del cottage dove dormiremo... Buono a sapersi!

L'albergo è quanto di più montanaro abbia visto in vita mia fino ad ora. Un fascio di legno, moquette, luci soffuse, animali imbalsamati ai muri, lampadari di corna di cervo appesi ai soffitti. E' caldo, accogliente. Un enorme camino scoppietta all'ingresso.

Arriviamo alle nostre camere con vista diretta sulle piste da sci. Si potrebbe uscire dalla stanza passando per il balcone, senza nemmeno dover saltare (è al piano terra), fare circa 100 passi, mettersi gli sci e salire su una delle 10 seggiovie.
C'è già un po' di neve, ma non abbastanza per aprire gli impianti.

Prima di cena facciamo un incontro piacevole con un animale selvatico, per tutti noi mai visto dal vivo fino a questo momento: un procione.
Ci chiamiamo a vicenda, bussando ai finestroni scorrevoli che ci dividono dal freddo esterno. In pochi minuti siamo tutti fuori, nella morsa del freddo, a guardare come bambini affascinati, il povero animale impaurito. Non è del tutto spaventato, però, si capisce che è abituato alla presenza umana: sa di poter ricavare qualcosa da mettere sotto i denti. E infatti racimoliamo qualcosa e la lasciamo sulle assi di legno del balcone…addirittura c’è chi tira fuori una caramella di gelatina. L’amico fritz spazzola tutto, ignaro del fatto che siano cose non proprio indicate per la sua dieta!

Fa freddo. Fuori l’aria è tersa, gelida, invernale. Da montagna.
Siamo a 0°C. Non so quanto nella notte la temperatura sia andata al di sotto dello 0, certo è che la mattina dopo, verso le 8, arriveremo al pullman calpestando erba bianca e gelata, perdendoci la vista, a detta della guida, di due stupendi esemplari di orsi di circa 100 kg l’uno.
Lì per lì siamo dispiaciuti, per aver perso un’occasione unica…ma pensandoci ci accontentiamo volentieri della descrizione della guida!
Ripartiamo, destinazione Sacramento, capitale della California.

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